Brunello di Montalcino
Storia del Brunello di Montalcino
Il Brunello di Montalcino, oggi, è senza grossi dubbi la maggiore espressione del Sangiovese, il vitigno più allevato d’Italia, e re indiscusso della viticoltura toscana.
Ma la storia vitivinicola di Montalcino nasce ben prima del Brunello: se ne trova traccia già nel 1550, quando il frate bolognese Leandro Alberti, nella “Descrittione di tutta Italia”, scriveva che Montalcino era “… molto nominato nel Paese per li buoni vini chi si cavano da quelli ameni colli …”.
Nel 1553, durante l’assedio delle truppe spagnole comandate da Don Garcia di Toledo della città, il Maresciallo di Montluc, comandante della Guarnigione Senese, “si arrubinava il volto con un robusto vino vermiglio”.
Anche nel Seicento sono molte le cronache ed i libri di viaggio che parlano del vino di Montalcino, anche se all’epoca il più popolare era il suo bianco, ricordato dall’olandese Francesco Scoto nella sua famosa guida “Itinera Italiane”, il manuale di viaggio più popolare del secolo, : “… Montalcino, celebre per i suoi Moscadelli …”.
Per arrivare ad un approccio “scientifico”, sia da un punto di vista agronomico che enologico, bisogna fare un salto in avanti di quasi tre secoli, ed arrivare a metà Ottocento, quando Clemente Santi, Giuseppe Anghirelli, Tito Costanti e Camillo Galassi approfondiscono gli studi sulle uve e sui sistemi di vinificazione.
Un passaggio fondamentale per arrivare al Brunello che conosciamo oggi, codificato nella seconda metà del secolo da Ferruccio Biondi Santi, che per primo vinificò da solo il Sangiovese ed invecchiò quel vino per lunghi anni in botte: nasceva così un vino forte e vellutato, che non somigliava in niente ad altri rossi da invecchiamento più rinomati, chiamato Brunello, molto probabilmente, per il suo colore.
La bottiglia più antica, conservata dalla Tenuta il Greppo, risale al 1888, ma quella intuizione fu sposata, studiata e migliorata da un piccolo gruppo di viticoltori e famiglie di Montalcino: Colombini, Franceschi e Angelini, gli unici ad imbottigliarlo all’epoca oltre ai Biondi-Santi, ma anche Costanti e Padelletti (Guido, professore di Diritto alla Università di Roma, con Ferruccio Biondi Santi aveva condiviso le lotte garibaldine), in un percorso di crescita che si arrestò nella seconda metà degli anni Trenta, quando la fillossera mise in ginocchio l’intera viticoltura italiana.
Che per tornare a vedere la luce dovette aspettare gli anni Sessanta e Settanta: nel 1966 arrivò il riconoscimento della Doc, e l’anno successivo, il 18 aprile 1967, si costituì il Consorzio del Brunello di Montalcino.
La fama, ormai, aveva abbondantemente valicato i confini nazionali, ma per il vero boom ci vorrà ancora qualche anno: negli anni Ottanta e Novanta si moltiplicano gli investimenti e gli sforzi commerciali, si affinano ancora le tecniche del Sangiovese in purezza per eccellenza, che diventa quello che conosciamo oggi, ossia uno dei più grandi, ricercati e premiati vini del mondo.
Curiosità sul Brunello di Montalcino
Una grandeur che poggia anche sulla grande capacità di invecchiamento del Brunello di Montalcino, una caratteristica emersa già alla fine dell’Ottocento, ma negli ultimi settant’anni messa a sistema dallo stesso Consorzio del Brunello, con una valutazione che mette in luce le annate migliori, quelle a “cinque stelle”.
Andando indietro, ma non troppo, è l’annata 1990 ad aver segnato un vero e proprio spartiacque: vendemmia giudicata eccezionale, e boom internazionale sulle ali della mitica Top 100 di Wine Spectator del 1995, la classifica più attesa dal mondo del vino, dove le etichette di Brunello furno ben 6: Conti Costanti (53), Castello Banfi (49), Mastrojanni (34), Caparzo (22), Altesino (12) e Campogiovanni (7).
Non era la prima volta, per il Brunello, nella chart del magazine Usa, il primo fu Biondi-Santi, con la Riserva 1982 (alla posizione 54 nel 1988), nel 1990, con l’annata 1985, fu la volta di Poggio Antico (4), Roberto Cosimi-Il Poggiolo (54) e Castello Banfi (76), e tante altre etichette hanno trovato spazio, con la vetta, mai più raggiunta, conquistata nel 2006 dal Brunello di Montalcino 2001 Tenuta Nuova di Casanova di Neri.
Ed è stata la stessa Casanova di Neri, ancora con il Tenuta Nuova, questa volta insieme ad un’altra griffe di Montalcino, il Marroneto, con il Madonna delle Grazie, a conquistare per la prima volta i 100/100 di Robert Parker, il guru americano della critica enologica mondiale, creatore di una delle sue pubblicazioni più autorevoli, “The Wine Advocate”.
Ma non finisce qui, perché negli anni le etichette più preziose di Brunello sono diventate protagoniste anche del mondo delle aste, italiane ed internazionali: nel 2018 una bottiglia di Brunello di Montalcino Riserva 1955 di Biondi Santi è stata battuta a 4.316 euro.
Specifiche tecniche
Come si può leggere sul sito del Consorzio, “il Brunello di Montalcino è un vino visivamente limpido, brillante, di colore granato vivace.
Ha profumo intenso, persistente, ampio ed etereo. Si riconoscono sentori di sottobosco, legno aromatico, piccoli frutti, leggera vaniglia e confettura composita.
Al gusto il vino ha corpo elegante ed armonico, nerbo e razza, è asciutto con lunga persistenza aromatica”.
Per le sue caratteristiche, e come abbiamo ben visto, parliamo di un vino che sopporta lunghi invecchiamenti, ed anzi esprime il meglio di sé qualche anno dopo l’uscita sul mercato (dal gennaio del quinto anno successivo alla vendemmia), e può evolvere e migliorare per tanti anni ancora.
Ovviamente, va conservato nel modo giusto, in un ambiente fresco, a temperatura costante, e con le bottiglie assolutamente coricate.
Disciplinare di produzione del Brunello di Montalcino
Zona di produzione: Confine storico del Comune di Montalcino.
Vitigno: Sangiovese (denominato, a Montalcino, “Brunello”)
Resa massima dell’uva: 80 quintali per ettaro
Resa dell’uva in vino: 68%
Affinamento minimo in legno: 2 anni in rovere
Affinamento minimo in bottiglia: 4 mesi (6 mesi per il tipo Riserva)
Colore: Rosso rubino intenso tendente al granato per l’invecchiamento
Odore: Profumo caratteristico ed intenso
Sapore: Asciutto, caldo, un po’ tannico, robusto ed armonico
Gradazione alcolica minima: 12,5% Vol.
Acidità totale minima: 5 g/lt
Estratto secco netto minimo: 24 g/lt
Imbottigliamento: Può essere effettuato solo nella zona di produzione
Immissione al consumo: Dopo 5 anni dall’anno della vendemmia (6 anni per il tipo Riserva)
Confezionamento: Il Brunello di Montalcino può essere posto in commercio solo se confezionato in bottiglie di forma bordolese